Ora lo sappiamo, non c’è stato alcun aumento di "baby-killer". Per una discussione pubblica dei dati come buona pratica di democrazia
17 Novembre 2025
di Roberto Cornelli, Professore di Criminologia nell'Università di Milano
Per mesi si é parlato di un aumento allarmante di baby-killer, addirittura di una loro triplicazione in un anno. Ora, dati alla mano, sappiamo che non é così. Il testo, pubblicato su Sistema Penale a questo link e riportato di seguito per intero, riprende i passaggi fondamentali di una vicenda che lascia molti dubbi e alcune questioni aperte relative alla trasparenza dei dati e alla loro accessibilità.
1. Ci sono espressioni, slogan, etichette o epiteti che riescono a colpire l’immaginario sociale e istituzionale più di altri. Negli ultimi mesi, insieme a “maranza” e a “baby-gang”, alle quali spesso viene sovrapposta, l’espressione “baby-killer” ha avuto particolare successo.
In effetti, “baby-killer” è in grado di suscitare sgomento perché incrocia due sfere simbolico-valoriali, quella della purezza dell’infanzia e quella della spietatezza omicida, che, accostate, provocano un senso di spaesamento e inquietudine che tipicamente si prova di fronte al perturbante, a qualcosa a cui non riusciamo a dare una forma (è un bimbo o un assassino? Come può un bimbo essere un assassino?). Inoltre, è un’espressione facilmente accessibile a tutti i livelli sociali e istituzionali: si può usare tanto al bar quanto in Parlamento, nell’aula di un tribunale o nella sede di un congresso scientifico. Infine, riesce a convogliare angosce esistenziali, inquietudini generazionali e paure sociali, direzionandole su un oggetto – nello specifico, una categoria di soggetti – riconoscibile e su cui è possibile agire, anche nella modalità della richiesta rivolta a chi se ne deve occupare.
Ma perché questo accostamento inquietante tra “purezza dell’infanzia” e “spietatezza omicida” possa radicarsi nell’immaginario sociale e istituzionale occorre che sia considerato vero (o, almeno, verosimile).
I media hanno certamente ricoperto un ruolo decisivo nel veicolare l’espressione “baby-killer”, la quale inizia a circolare in modo vorticoso sulle agenzie di stampa il 24 febbraio di quest’anno e, dal giorno successivo e per mesi, sui quotidiani, sui media tradizionali, sui blog e sui social. In quei giorni, in un commento sul sito del Centro di Criminologia e Politiche Pubbliche, manifestai la mia sorpresa e una certa apprensione per questa vampata mediatica, segnalando che titoli come “In Italia triplicano i killer minorenni” mi sembravano quantomeno azzardati, visto che i conti non sembravano tornare.
In effetti, quelle notizie si basavano sui dati contenuti nel rapporto Omicidi volontari consumati in Italia, realizzato dal Servizio Analisi Criminale del Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno del febbraio 2025, nel quale si affermava che “la percentuale dei minorenni autori di un omicidio in Italia è quasi triplicata in un anno (…) I dati delle forze dell'ordine dicono infatti che nel 2024 l'incidenza di quelli commessi dai minori si attesta all'11% del totale degli omicidi rilevati, a fronte del 4% dell'anno precedente”. Gli opinionisti più avveduti si resero conto subito che nel rapporto mancavano i dati in valore assoluto, i quali finalmente vennero comunicati direttamente dal Ministro Piantedosi in risposta a un’interrogazione parlamentare dell’On. Mauri: i minori segnalati per omicidio volontario nel 2024 sono 35 (su un totale di 330 omicidi), contro i 13 (su un totale di 368) del 2023. Con questi numeri, l’aumento percentuale sarebbe ancora più evidente, passando dal 3,5% nel 2023 al 10,6% nel 2024. Nonostante queste piccole variazioni, sembrerebbe chiudersi il cerchio.
Purtroppo, non è così.
2. Vero è che, sia pure con un po’ di fatica, si è riusciti ad accedere ai dati in valore assoluto che, in base a un requisito minimo di trasparenza, avrebbero dovuto essere contenuti già nel rapporto di febbraio. Ma il punto è un altro: se fossero stati pubblicati subito, ci si sarebbe resi conto immediatamente del perché i conti non tornavano e si sarebbe potuto mettere subito una pezza. A questo serve, d’altra parte, il dibattito pubblico e scientifico ed è per questo che si richiede che dati e informazioni siano messi a disposizione di tutti in modo trasparente. In effetti – probabilmente al Ministero non se ne erano accorti – l’Istat aveva già reso disponibile il dato consolidato relativo alle segnalazioni di minorenni denunciati, arrestati o fermati per omicidio volontario nel 2023: non sono 13 ma 25, due in meno rispetto al 2022. Così, da 25 nel 2023 a 35 nel 2024 l’aumento sarebbe molto inferiore, anche in percentuale, rispetto a quello dichiarato e ripreso da tutti i giornali per giorni, settimane, mesi.
3. Nel frattempo, l’idea che la violenza giovanile sia in rapida e incontrollata ascesa diventa una verità incontrovertibile che per mesi circola nei mass-media, nelle istituzioni e per le strade d’Italia, producendo discorsi, pratiche e politiche spesso declinati sull’idea che ci sia un’emergenza da contrastare con mezzi eccezionali.
In tutti questi mesi, nei congressi scientifici, negli incontri pubblici, in qualche incursione mediatica e nei dialoghi con alcuni amici che ricoprono cariche pubbliche, ho provato a spiegare, con linguaggi diversi a seconda del contesto, che seri problemi metodologici imponevano estrema cautela nel dire che ci fosse un aumento della violenza letale minorile in Italia. Ma, per evitare di creare troppa confusione senza avere a disposizione i dati consolidati relativi al 2024, mi sono limitato a questo invito alla prudenza, in attesa di qualche certezza in più.
La novità arriva pochi giorni fa, mentre mi stavo preparando per la relazione che ho tenuto al 43° Convegno Nazionale dell’Associazione Italiana dei Magistrati per i Minorenni e per la Famiglia su Adolescenze d’oggi. Prospettive di futuro. Non trovando ancora pubblicato sul sito dell’Istat il dato relativo al 2024, mi sono imbattuto, invece, nelle infografiche sui dati della criminalità che IlSole24Ore, ormai da molti anni, pubblica in anteprima sulla base di un accordo con il Ministero dell’Interno (un’altra delle stranezze italiane nella gestione di dati di pubblico interesse). Con mia grande sorpresa, il dato del numero di segnalazioni di minorenni denunciati, arrestati o fermati nel 2024 per omicidio volontario non coincide con quello fornito a fine marzo dal Ministro Piantedosi: non è 35, ma 26. Solo uno in più rispetto al 2023 e uno in meno rispetto al 2022, in base ai dati Istat. La percentuale indicata nell’infografica e calcolata sul totale degli omicidi consumati sarebbe di 3,4 – addirittura in leggera diminuzione rispetto al 2023.
Ricapitolando, il rapporto di febbraio 2025 afferma che la percentuale dei minorenni presunti autori di omicidio volontario è quasi triplicata dal 2023 al 2024; il Ministro Piantedosi a fine marzo, rispondendo a un’interrogazione parlamentare, parla di 13 segnalazioni per il 2023 e 35 per il 2024. Questi dati vengono, per usare un eufemismo, superati dai dati Istat per il 2023 e da quelli forniti dallo stesso Ministero dell’Interno ed elaborati sul sito del Sole24Ore per il 2024, in base ai quali le segnalazioni sono rispettivamente 25 e 26, con una diminuzione in termini percentuali rispetto al totale degli omicidi consumati.
Inutile dire che aspettiamo con ansia il dato Istat consolidato sul 2024 per avere l’ulteriore conferma del fatto che non c’è stata alcuna impennata; al contrario, nell’ultimo triennio (2022-2024) le segnalazioni di minorenni denunciati, arrestati o fermati sono stabili: rispettivamente 27, 25 e 26.
4. Questa vicenda solleva molti dubbi e lascia aperte alcune questioni.
Nella già citata risposta all’interrogazione parlamentare, il Ministro Piantedosi tenne a ricordare che, come specificato nel rapporto del Servizio Analisi Criminale, “i dati ivi contenuti rivestono un carattere operativo e, per tale ragione, sono suscettibili di variazioni in relazione all’evolversi dell’attività di polizia e delle determinazioni dell’Autorità Giudiziaria, a seguito delle quali il Servizio Analisi Criminale provvede periodicamente al confronto e all’aggiornamento con i dati del Sistema di Indagine (SDI)”. È un’annotazione necessaria, che avrebbe dovuto indurre a usare molta più cautela nel diffondere quelli che definisce “dati di carattere operativo” non ancora verificati. Rimane il fatto che, se il dato del 2024 sembra essere stato calcolato in eccesso (35) rispetto a quello successivamente verificato e pubblicato (26), il dato ufficiale relativo alle segnalazioni di minori nel 2023 (25) era già disponibile sul sito dell’Istat al momento dell’interrogazione e non si spiega come sia stato possibile che, al Ministero dell’Interno, risultasse molto più basso (13).
Com’è possibile che, rispetto a dati su cui si costruiscono campagne mediatiche, allarmi sociali, torsioni legislative, chiusure istituzionali e iniziative straordinarie di controllo, vi sia una così scarsa accuratezza e nessuna cautela nel riportarli?
Una cosa è certa: vista la delicatezza di questi temi, che immediatamente entrano nel discorso pubblico, animano le percezioni individuali e collettive e sostengono cambiamenti rilevanti delle politiche pubbliche, sarebbe necessario, come buona pratica di democrazia, mettere a disposizione di tutti gli interessati, a partire dalle Università e dagli Enti di ricerca, le banche dati che vengono utilizzate per redigere i rapporti ministeriali o di organi di polizia, di modo che si possa sviluppare una discussione pubblica e scientifica che permetta di elaborare rapporti e informazioni con maggiore affidabilità. Vale la pena ricordare che, in base al decreto legislativo 33/2013 sugli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, “la trasparenza è intesa come accessibilità totale dei dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, allo scopo di tutelare i diritti dei cittadini, promuovere la partecipazione degli interessati all'attività amministrativa e favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche” (art. 1 comma 1).
In questa direzione, sarebbe troppo aspettarsi una errata corrige proveniente da fonti ufficiali, in cui si dica chiaramente che nel 2024 non c’è stato alcun aumento di quelli che mediaticamente e in modo impreciso sono stati chiamati baby-killer?
Temo di sì, perché nel frattempo sta prendendo corpo un’altra campagna mediatica sull’aumento della criminalità minorile, sempre sulla base dei dati del Ministero anticipati da IlSole24Ore: nel 2024 “i minori segnalati sono stati 38.247, in aumento del 16% sul 2023 e del 30% circa sul pre-Covid”. Ancora una volta ci sarà da spiegare perché non si può far dire ai dati quello che proprio non possono dire (ne ho parlato qui). Ci sarà, in particolare, da spiegare per bene perché le segnalazioni riguardanti le persone denunciate, arrestate o fermate dalle forze dell’ordine sono più un indicatore dell’attività di controllo delle forze dell’ordine che del fenomeno delittuoso o delle categorie di persone che ne sono coinvolte, soprattutto se ci riferiamo a certi delitti.
Vorrei essere chiaro, senza rischio di essere frainteso. Non sto affermando che in Italia non ci siano problematiche, vecchie e nuove, riguardanti i giovani e la questione criminale. Al contrario: ritengo che oggi la società e la politica facciano fatica a vedere queste problematiche perché si è come avvolti da un “banco di nebbia” formato da visioni allarmistiche ed emergenziali che non consentono di mettere a fuoco problemi e priorità. Si finisce, così, per affermare luoghi comuni che diventano veri nella misura in cui tutti, a tutti i livelli, li ripetono e a costruire su questi luoghi comuni politiche di sicurezza inefficaci e, dunque, dannose.
Ma questo è un altro fronte su cui sarebbe utile intavolare una discussione pubblica che consenta maggiore consapevolezza e riduca strumentalizzazioni sempre in agguato.